DA CINDY SHERMAN A FRANCESCO VEZZOLI. 80 artisti contemporanei a Palazzo Reale di Milano dal 7 al 14 marzo

Cindy ShermanUntitled Film Still #2, 1977Fotografia ai sali d’argento, 25x20 cmCourtesy dell’Artista e Hauser & Wirth© Cindy Sherman

Dal 7 marzo al 4 maggio 2025, apre a Palazzo Reale a Milano la mostra DA CINDY SHERMAN A FRANCESCO VEZZOLI. 80 artisti contemporanei, con oltre 140 opere di 80 artisti contemporanei noti a livello internazionale.

Promossa da Comune di Milano – Cultura, da Palazzo Reale e dalla Fondazione Giuseppe Iannaccone, con la produzione esecutiva di Arthemisia, la mostra è a cura di Daniele Fenaroli con laconsulenza scientifica di Vincenzo de Bellis, e rappresenta un’occasione unica per esplorare i temi della contemporaneità attraverso il punto di vista degli artisti tra i più noti a livello internazionale.

La mostra esplora l’arte contemporanea attraverso un’analisi di identità, corpo, sessualità e marginalità, mettendo in evidenza il lavoro di una vasta gamma di artisti. Artisti come Wangechi Mutu, Raqib Shaw, e Luigi Ontani affrontano temi di identità e appartenenza culturale, spesso mescolando tradizione e modernità nelle loro opere. Altri come Roberto Cuoghi e Tammy Nguyen indagano concetti di metamorfosi, mentre Hayv Kahraman e Hiba Schahbaz riflettono sulla diaspora e sul corpo come spazio di memoria. Imran Qureshi e Kiki Smith, invece, esplorano la condizione umana attraverso simbolismo e immagini viscerali.

La seconda parte della mostra include artisti come Tracy Emin e Lisa Yuskavage, che trattano la sessualità e la vulnerabilità femminile, mentre Shadi Ghadirian riflette sulle restrizioni culturali e le tensioni di genere nel mondo islamico. Altri come Muntean/Rosenblum, Martin Maloney e Katja Seib utilizzano l’iconografia popolare per esplorare linguaggi visivi e narrativa. Artisti come Francis AlÿsPietro Roccasalva e Andro Wekua trattano temi di viaggio e trasformazione, mentre Giangiacomo Rossetti e Karen Kilimnik riflettono sul concetto di spazio e realtà. La mostra prosegue con Hernan Bas, Nicole Eisenman e Paola Pivi, che creano un dialogo sul corpo, il desiderio e la fluidità, e conclude con Adrian Paci, Marinella Senatore, Massimo Bartolini e Hannah Quinlan, che esplorano esperienze collettive e l'evoluzione dei ruoli sociali.


"La mostra invita i visitatori a intraprendere un viaggio attraverso le molteplici espressioni dell’arte contemporanea, capace di interrogare la nostra società e il nostro tempo con sguardi sempre nuovi – dichiara l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi –. Le opere in esposizione esplorano tematiche cruciali come l’identità, il corpo, la memoria collettiva e il rapporto tra realtà e immaginario, restituendoun panorama artistico che riflette e interpreta la complessità del presente. Grazie alla straordinaria selezione di opere e artisti invitati, Palazzo Reale si conferma luogo di confronto e scoperta, arricchendo il programma della Milano Art Week con questo nuovo progetto."

L’insieme delle opere esposte evoca all’interno di ogni sala un motivo, una tendenza o un tema centrale nella produzione artistica contemporanea: la riflessione sul corpo l’identità di genere, i diritti civili, la ricerca di ogni forma di libertà, ma anche temi come la solitudine, l’introspezione, l’indagine sulle dinamiche di gruppo e di società, lo sfaldamento degli archetipi culturali, fino ad aprirsi sul terreno che fa collidere – ora creando aperture ora chiusure – il mondo naturale con quello artificiale, spesso, frutto dell’intervento dell’essere umano.

Questi temi e motivi, che si rincorrono costantemente all’interno del percorso espositivo, sono tenuti insieme dal duplice registro reale-immaginario che attraversa tutta la mostra: un viaggio tra sogno e realtà in cui l’allegoria, la mitologia e la leggenda da una parte e la storia, la politica e la società dall’altra si confrontano e si intrecciano.

“È meraviglioso guardare la storia dell'arte e vedere – dichiara Giuseppe Iannaccone, Presidente della Fondazione Giuseppe Iannaccone – come gli artisti abbiano sempre esplorato i sentimenti, le emozioni, i piaceri e i tormenti degli esseri umani. Un'epoca segue l'altra, gli artisti si adattano ai fattori sociali ed economici della scena mutevole, inventando nuove forme di poesia; ma il cuore umano resta lo stesso e riesco a vedere un'essenza comune, una componente poetica condivisa, in ogni periodo dell'arte.”

La mostra, parte del programma della edizione 2025 di Milano Art Week, vede come sponsor Deutsche Bank, Spada Partners e Atitech; come sponsor tecnico Open Care - Servizi per l'arte, ARTE Generali - Agenzia Milano Teodorico, Tenuta Sarno 1860, Donnachiara – Montefalcione e Petilia – Altavilla Irpina; come media partner IGP Decaux e come mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale. Catalogo edito da Allemandi.

Data la forte valenza sociale per i temi trattati quali i diritti fondamentali, la parità di genere, la non discriminazione e l'inclusione sociale, la mostra ha ottenuto per la cerimonia di apertura del 6 marzo l’alto patrocinio del Parlamento europeo.

LA MOSTRA

Ognuna delle undici sezioni di cui si compone la mostra racconta una storia unica: ogni stanza è come la tappa di un viaggio che conduce il visitatore attraverso le molteplici sfaccettature dell'arte contemporanea, mettendo in luce connessioni inaspettate, tra visioni e prospettive diverse, esplorando allo stesso tempo tematiche centrali come la riflessione sul corpo, l'identità di genere, il multiculturalismo, il rapporto tra innovazione e tradizione.

Questi temi si intrecciano costantemente all’interno del percorso espositivo, costituiscono un viaggio tra sogno e realtà in cui l’allegoria, la mitologia, la leggenda da una parte, e la storia, la politica, la società dall’altra, si confrontano continuamente offrendo una visione molteplice della condizione umana. Ogni opera diventa così il tassello di un mosaico più ampio, un contributo a un dialogo continuo tra passato e presente, tra il particolare e l’universale.

L’esposizione è accompagnata da una installazione sonora per pianoforte a parete, synth e samples, dal titolo "Possiamo andare da un'altra parte?" a cura di Dario Mangiaracina (La Rappresentante Di Lista) che ha commentato: “Questa lunga ballata è un lavoro sulla memoria, sul disappunto e sulla sua guarigione dal malumore. È pensata perché arrivi da lontano, dall’altra stanza, dalla strada, da un telefono. Ognuno di noi raccoglie memorie audio, le mie sono parole, campanelli e percussioni. Come un arpeggio, la memoria torna e si trasforma. Dove va dipende da noi. Le registrazioni sono avvenute tra Palermo, Roma, Parigi, Londra e Milano tra il 2021 e il 2025”.

La mostra si apre con una sala monografica dedicata a Cindy Sherman nella quale vengono anticipati tutti i temi dell’esposizione, come ad esempio l’indagine sul corpo, l’idea di mascheramento, la riflessione sull’identità attraverso l’uso del ritratto e dell’autoritratto, il rapporto tra reale e artificiale fino alla decostruzione degli stereotipi di genere.

Le 6 opere qui esposte appartengono ad alcune delle serie più iconiche dell’artista e offrono una panoramica ad ampio spettro del suo lavoro: gli Untitled Film Stills degli anni Settanta, fotografie in bianco e nero in cui l'artista interpreta personaggi diversi, ispirati ai ruoli femminili dei film degli anni Cinquanta e Sessanta; Untitled #130 (1983) dalla serie Fashion in cui esplora i cliché della bellezza femminile nelle pubblicità di moda; Untitled #555 (2010/2012) dalla serie dei Clown in cui il trucco eccessivo, i colori accesi e gli sfondi psichedelici amplificano quel senso di alienazione e disagio che la figura del clown, divertente e inquietante allo stesso tempo, può suscitare.

Questa sala introduce alla sezione successiva che presenta alcuni dei lavori più emblematici di Francesco Vezzoli, Nan Goldin, Lisetta Carmi, Lisa Yuskavage, Piotr Uklanski, e Grayson Perry, opere che si confrontano in un dialogo articolato sul corpo, sull'identità, la trasformazione e la rappresentazione del sé.

Francesco Vezzoli gioca con l'immagine pubblica e la sua decostruzione. L'amore: Anna Magnani loved Roberto Rossellini (2002), Suddenly Last Summer (2006) e La Signora Bruschino (2006) sono esempi perfetti di una ricerca artistica che attinge tanto alla storia dell’arte quanto al modo del cinema, della televisione, della moda e della politica.

All’ironia raffinata di Vezzoli fa da contraltare la cruda intimità delle fotografie di Nan Goldin che catturano la vulnerabilità e la bellezza del quotidiano, creando un ponte con la vita vissuta. Lisa Yuskavage, con le sue figure femminili sospese tra il sublime e il grottesco, sfida le nozioni tradizionali di bellezza, mentre Piotr Uklanski, con Untitled (Mary Emma Jones as Proud Maisie) del 2020, restituisce a donne come Mary Emma Jones - musa dei Preraffaelliti - la dignità e la forza di eroine e figure formidabili della storia dell’arte, sradicando l’immagine stereotipata della donna come manifestazione del desiderio e della fantasia maschile dei dipinti originali.

Accostando l’uso di un oggetto quotidiano e familiare come il vaso in ceramica con decorazioni inquietanti, ambigue e grottesche che alludono a questioni di identità, classe e genere, l’opera scultorea Tansvestite Party (1993) di Grayson Perry ritrae i disagi e le incongruenze della società contemporanea.

La terza sezione prosegue questa riflessione sul corpo e sull’identità, ma lo fa passando attraverso un genere che da sempre ha affascinato gli artisti, ovvero il ritratto. Nel panorama contemporaneo, il ritratto continua a essere un mezzo privilegiato per riflettere sull’identità fluida e sulla costruzione del sé in una società sempre più frammentata. Qui vari artisti offrono una diversità di approcci al ritratto come mezzo di indagine e come strumento critico per interrogare la condizione umana.

Francesco Gennari ha dedicato tutta la vita all’analisi di sé stesso. Tornando costantemente sull’autoritratto, l’artista parte sempre da un elemento della sua quotidianità per elevarlo a una dimensione universale e metafisica. Negli autoritratti in mostra, il colore del suo maglione ad esempio - ora giallo, ora rosso, o azzurro - diventa un’eclissi di sole (Autoritratto come Eclissi di Sole, 2010), un tramonto (Autoritratto come tramonto triangolare, 2017) o un’immagine dell’universo (Autoritratto come Universo 2009).

Elizabeth Peyton e Paulina Olowska esplorano l’intimità e la personalità dei loro soggetti: Peyton, in opere come Fred Hughes in Paris (1994) e Jonathan (2004), cattura la vulnerabilità emotiva dei suoi soggetti, e Olowska, con lavori come Chess Player 1 (2006), intreccia elementi della cultura pop e della storia dell’arte per analizzare l'identità femminile.

Al contrario, John Currin e Michaël Borremans introducono nei loro ritratti una tensione e un’ambiguità latente. Currin, in opere come Untitled (1995) e Anita Joy (2001), manipola l'iconografia classica per creare immagini provocatorie, e Borremans, in The Veils (2001), The Resemblance (2006) e The Measure II (2007), costruisce scenari i cui protagonisti trasmettono un senso di inquietudine. Con Victor Man, l’indagine sull’identità si fa più malinconica: Untitled (2011), con la sua estetica contemplativa, trasmette un senso di silenzio e intimità.

Nelle foto di piccolo formato, La vertigine della signora Emilia (1992-2019) e Famiglia Metafisica (1990- 2015), Marcello Maloberti porta il ritratto in una dimensione simbolica e performativa, legando l’individuo alla sua comunità e alla storia.

Catherine Opie e Rineke Dijkstra si avvicinano al ritratto con piglio documentaristico. Opie, con opere come Jackson (2004), cattura l'identità in divenire di gruppi sociali marginalizzati, mentre Dijkstra, con lavori come Jalta, Ukraine, July 29, 1993 (1993), si concentra sui momenti di trasformazione nella vita dei suoi soggetti.

Infine, Liu Xiaodong e Juan Muñoz espandono il concetto di ritratto includendo il contesto sociale e politico. In Guardian of Mars (2012), Xiaodong fonde il ritratto con il paesaggio sociale, mentre Pelotaris (Yellow Eyes) (1999) di Muñoz mette in scena l'isolamento e le relazioni interpersonali. Il confronto tra le opere di questi artisti tesse un racconto collettivo che attraversa il personale e il politico, l'intimo e il sociale, offrendo al visitatore una visione complessa e sfaccettata del volto umano come specchio della nostra epoca e delle sue contraddizioni.

La quarta sala si focalizza sulla rappresentazione e la rivendicazione del corpo.

Toyin Ojih Odutola nelle sue tre opere elabora un racconto che mescola autobiografia, storia e finzione attraverso ritratti in cui la pelle e il corpo diventano mappe su cui si intrecciano storie di appartenenza, complessità e trasformazione, mentre Lynette Yiadom-Boakye dipinge figure immaginarie, invitando lo spettatore a riflettere sull’essenza dell’esperienza umana al di là delle categorie etniche. Kehinde Wiley e Tyler Mitchell, riscrivono con le loro opere la storia visiva della cultura nera. Wiley reinterpreta il ritratto classico con pose fiere ed eroiche, che elevano i suoi soggetti a simboli di potere e nobiltà, mentre Mitchell propone una visione fresca e ottimistica, che rompe gli schemi di sofferenza e oppressione. Anche Ifeyinwa Joy Chiamonwu nei suoi ritratti iperrealistici, cattura la dignità e la forzadei suoi soggetti e mette in evidenza la bellezza intrinseca di storie, tradizioni e valori della comunità nigeriana.

Nelle composizioni poetiche di Jennifer Packer la figura umana emerge all’interno di uno spazio indefinito che sembra sospeso tra realtà e immaginazione. Il lavoro di Somaya Critchlow nei suoi quadri, tutti Untitled del 2024, si incentra sul nudo femminile. I suoi ritratti che attingono dalla storia dell’arte e dalla cultura pop ci restituiscono un’immagine di donna complessa, audace e disinvolta, umoristica e sensuale al tempo stesso. Infine, Jem Perucchini crea opere tra pittura e scultura che mettono in scena il corpo nero utilizzando simboli e racconti mitologici.

L’intento di questa sala non è solo celebrativo ma anche di confronto con altre opere presenti in mostra che abbracciano la complessità e la pluralità di tradizioni, culture ed esperienze umane diverse. La sezione successiva rivisita tradizioni diversissime tra loro come quella indiana, africana, irachena, pakistana. In particolare, la rappresentazione del corpo femminile che evoca divinità antiche, diventa un simbolo potente di forza e rinascita.

Wangechi Mutu, ad esempio, con opere come Untitled (2004) e Humming Eye (2007), utilizza la tecnicamista e il collage per creare figure che fondono elementi umani e naturali.

Tanto altro ancora nelle splendide sale del Palazzo Reale di Milano...per il programma completo e la guida alla mostra clicca qui https://www.palazzorealemilano.it/mostre/80-artisti-contemporanei

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