L'ARTE come arma di distrazione di massa mentre avviene un genocidio
In sempre più Paesi del mondo avanza la necessità di riflettere sulla vera natura dello Stato di Israele e del suo governo di estrema destra, che - tra le numerose compagnia di danza e realtà artistiche - sostiene la compagnia Batscheva Dance Company di Ohad Naharin (ma anche la Vertigo Dance Company di Noa Wertheim e altre) e che si fonda su pratiche di pulizia etnica contro il popolo palestinese, promuovendo una politica di occupazione coloniale e apartheid.
La Batsheva Dance Company
È una nota compagnia di danza israeliana con sede a Tel Aviv molto attiva in tourneé mondiali che da sempre riscuotono enorme successo vista l'alta qualità degli spettacoli e l'indiscussa bellezza arstica delle creazioni di Naharin. La compagnia però beneficia di un consistente supporto del governo israeliano attraverso il Ministero della Cultura e dello Sport, il Ministero degli Affari Esteri e il Comune di Tel Aviv, che contribuisce al 38% dei suoi ricavi. Inoltre, la sua sede principale, il Batsheva Centre, è stata costruita e ristrutturata grazie al sostegno sia del Comune di Tel Aviv che del Ministero della Cultura israeliano tramite la Tel Aviv Foundation. Considerata un simbolo di cultura la compagnia proietta in tutto il mondo un’immagine positiva dello Stato di Israele, occultando però un’altra realtà fatta di violazioni sistematiche.
Il progetto di colonialismo e il regime di apartheid
Israele nasce nel 1948 dalle macerie di circa 500 città e villaggi palestinesi distrutti e sui territori confiscati a ben 750.000 palestinesi forzati all’esilio. In questo processo sono state commesse atrocità che hanno causato la morte di almeno 15.000 persone durante i conflitti e i massacri perpetrati dalle milizie sioniste. Da quella data, Israele ha portato avanti un progetto di colonizzazione volto al controllo totale del territorio palestinese, instaurando un sistema che molte organizzazioni internazionali definiscono apartheid. Le violazioni dei diritti umani da parte dello Stato di Israele sono ampiamente documentate: dal furto delle risorse naturali, agli omicidi extragiudiziali, sino agli arresti arbitrari, alla violenza dei coloni, al blocco soffocante imposto alla Striscia di Gaza e alla costruzione del cosiddetto “muro della vergogna” che frammenta il territorio palestinese. Nonostante queste azioni da sempre violino apertamente il diritto internazionale, Israele ha continuato a occupare Gerusalemme Est, gran parte della Cisgiordania e le alture del Golan siriane grazie al sostegno tacito dei suoi alleati occidentali. Da sempre, i cittadini palestinesi di Israele (circa il 20% della popolazione del paese) subiscono discriminazioni attraverso più di una sessantina di leggi che smentiscono l'apparente parità proclamata dalla propaganda ufficiale.
Far sparire la cultura palestinese
Israele applica una strategia sistematica per eliminare l’identità culturale palestinese. Francesca Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione nei territori palestinesi occupati, denuncia da anni come simboli fondamentali dell'identità nazionale palestinese, uno su tutti la bandiera, siano spesso oggetto di attacchi o repressioni. Fin dall’inizio dell’occupazione nel 1967, uno dei primi atti registrati dallo Stato israeliano è stato la demolizione del quartiere marocchino nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme per creare spazio attorno al Muro del Pianto. Questo episodio è uno dei tanti esempi di confisca e trasformazione dei luoghi storici palestinesi in siti culturali israeliani: uno sforzo deliberato per decostruire e sostituire la Palestina nell’immaginario collettivo attraverso appropriazioni culturali e distruzione della memoria storica. Altri aspetti atroci sono: la manipolazione curriculare nelle scuole palestinesi a Gerusalemme Est, la revoca delle licenze scolastiche non conformi alle politiche israeliane e la cancellazione o conversione dei siti significativi della storia palestinese. Tutto ciò fa parte di un progetto pensato e studiato nei minimi dettagli per giungere all'eliminazione dell'identità culturale e nazionale ancora residua nella regione. Anche la rinominazione ebraica dei centri abitati per oscurare i nomi arabi originari, così come le alterazioni archeologiche volte a legittimare una presenza storica millenaria israeliana nei territori occupati.
Ognuno di noi, semplici cittadini, ha il dovere di riflettere su quanto sta accadendo e, soprattutto, ha il dovere di mettere bene a fuoco le strategie di dissimulazione del potere da parte dello Stato di Israele. La normalizzazione di questo stato genocida - con un governo assassino di estrema destra - è un atteggiamento altamente discutibile, che tradisce i principi fondamentali della libertà e del rispetto dei diritti umani.
Chiedo quindi ai miei colleghi del mondo della danza: ritenete davvero umanamente possibile continuare a ospitare e sostenere una compagnia di danza finanziata da questo governo e che non si è dichiarata apertamente contraria al genocidio? Il massimo sforzo fatto da Naharin (che è già molto se paragonato al fanatismo militaresco di Noa Wertheim che organizza raccolte fondi per "i poveri soldati israeliani") è stato sventolare una bandiera palestinese durante uno spettacolo, cosa di cui parlerò nel prossimo articolo di approfondimento. È già qualcosa ripeto, ma sarebbe opportuno rinunciare - almeno per ora e in maniera fortemente simbolica - ai fondi pubblici elargiti da quello stesso governo che sta violentando, torturando e cancellando un popolo.
NON COLLABORATE - NON LAVORATE - NON SOSTENETE - NON FINGETE CHE NULLA STIA ACCADENDO CON QUALUNQUE ISRAELIANO CHE NON SI SIA DICHIARATO CONTRARIO A QUESTE PRATICHE DECENNALI DI PULIZIA ETNICA.
Oppure un giorno anche voi farete parte di quelli che restavano a guardare anteponendo la propria tranquillità e il proprio profitto. Nel nostro piccolo abbiamo il dovere di schierarci.
Come sosteneva il filosofo del potere Michel Foucault, il potere è tanro più efficace quanto più è invisibile e sa dissimulare il suo operato.
Manuela Barbato