Dalla Confessione al Green Pass: Potere, Sapere e Controllo


La coscienza e la consapevolezza spalancano lo sguardo sul presente, sulla storia e sulla sua pretesa di oggettività gettando chi arriva alla conoscenza mediante minuziosa indagine, e che non può più fingere di non sapere, nello sconforto.

Una volta però segnato il punto di non ritorno, l'approccio genealogico - quello che prende il via con la filosofia di Friedrich Nietzsche prima e di Michel Foucault poi - , prevede la messa a distanza di meccanismi occulti e poteri invisibili che trovano la loro grande forza ed efficacia nel non essere percepiti. Poteri che s'impongono sul corpo e sulla mente generando, manipolando, gestendo individui inconsapevoli insieme strumento e fine di una politica economica ed efficace. 

Il potere è tanto più efficace quanto più riesce a dissimulare il proprio operato e lo fa insinuandosi in maniera capillare in dinamiche e relazioni che caratterizzano il quotidiano. Si evince da subito che non si tratta di un potere violento e che toglie o limita, piuttosto si tratta di una forza percepita come positiva, perché genera, crea, guida, protegge e tutto questo con la finalità di produrre sapere intorno agli individui, di analizzarli, di conoscerli fino in fondo per poi meglio gestirli in nome di una economia globale che ha ben altri scopi rispetto alla cura e alla liberazione del singolo individuo.

Il potere è esercitato in maniera sottile mediante il controllo che, a sua volta, è veicolato in diversi campi dell'agire e del sentire umano: il sesso, la religione e il linguaggio. Il sesso, indagato e vivisezionato, mortificato e medicalizzato; la religione, detentrice di un potere indiscusso e saldo generato da esigenze di matrice tutt'altro che spirituale; il linguaggio, strumento e veicolo per la diffusione e messa in circolo di verità condizionate e condizionanti.

Dal potere non si è mai fuori, dai giochi non ci si sottrae. Ciò che fa la differenza è la consapevolezza. 

La presa di coscienza dinnanzi ad una economia globale che investe gli individui singolarmente e, anche e soprattutto, come massa, come popolazione esige che si indaghino gli eventi storici e il prevalere di una verità che si è imposta a scapito di un'altra che è stata invece volutamente rimossa. Esiste un rimedio? È possibile sottrarsi a questo potere capillare e dissimulato? La via di fuga esiste, la possibilità di strappare il velo di Maya è l'occasione di riscatto per l'uomo che vuole liberarsi dal dominio dell'altro uomo. Mediante la trasvalutazione di tutti i valori e la consapevolezza di essere artisti del proprio tempo, in bilico tra creazioni e metafore narcotizzanti, attuare una liberazione è più che mai verosimile. Successivamente alla presa di coscienza è possibile entrare nella gestione dei giochi a pieno titolo senza più subire passivamente le regole degli altri. Rinunciare a dare informazioni su di sé utili al potere nascosto ovunque (oggi potremmo pensare alle app, ai social network, al gps istallato sul cellulare, al green pass...) e che raccoglie queste stesse informazioni per costruirsi un sapere che diviene poi potere, è il primo passo verso l'alternanza dei ruoli. 

Lotta contro le imposizioni sociali e lotta anche contro se stessi. Se il potere del presente ridescrive e reinventa una delle tante storie possibili cancellandone alcune e selezionandone altre attraverso un oscuro lavoro di legittimazione (in cui dimenticanza e oblio intervengono a cancellare le tracce di passati scomodi); se il potere interviene analogamente per legittimare un'unità, un'identità, un io, o, al contrario, per escludere ed emarginare; allora la lezione di Foucault - padre della biopolitica - si insedia proprio in questo punto. Avere il coraggio di rifiutare il presente, di criticarlo, denunciando le sue pretese autoritarie, onnipotenti, oggettive. Avere il coraggio di criticare anche se stessi in quanto eredi e frutto di una tradizione che si arroga il diritto di essere nel giusto, per il fatto stesso di sopravvivere. E smetterla una volta per tutte di forzare l'interpretazione di eventi passati in cui riconoscersi. Riconoscersi è infatti tranquillizzante, narcotizzante e si comincia con tutta una serie infinita di esempi rubati da tempi lontani e stuprati ed altrati nella loro effettiva essenza, fino ad essere ripiegati a proprio piacimento per questo o quello scopo: un esempio calzante al giorno d'oggi potrebbe essere il mantra ripetuto all'infinito riguardo tutti i vaccini della storia o tutte le epidemie della storia. Riconoscersi, tranquillizzarsi, omologarsi senza riserve.

È oggi necessario attuare il prospettivismo storico con la meticolosità di chi non si accontenta del risultato grossolano raggiunto da altri percorrendo chissà quali vie e decide così di riscoprire la storia di una legge, di un sentimento, di una religione, di un apiaga sociale o della morale. Primo postulato: mettere in atto una parodia della storia che abbia come fine quello di scardinare la comune tendenza a riconoscersi in essa screditando; secondo postulato: avere un atteggiamento dissociativo con l’obiettivo di annientare il sentimento d’identità e di  tradizione riuscendo a guardare al passato come a «un sistema complesso d’elementi a loro volta molteplici, distinti e che nessun potere di sintesi domina», terzo ed ultimo: distruggere la storia come verità, come conoscenza oggettiva. A tal proposito i dotti, quelli che  si configurano come filologi e archeologi, sostengono che di fronte alla verità storica bisogni necessariamente avere un atteggiamento oggettivo e imparziale cercando il più possibile di essere neutrali; in realtà questa pretesa va contro la natura umana che non può non essere coinvolta in tutto ciò che la riguardi direttamente. Se è vero che la storia è fatta di volontà contrapposte, di passioni, di sentimenti di parte, di vendette e di oltraggi, nulla può allora essere più disumano e fuorviante di questa pretesa oggettività. Se la storia è un campo dove si sono scontrate forze e debolezze umane non si può non esserne profondamente coinvolti. Non esiste sguardo dell’uomo che non sia umano, non esiste storia che non sia umana, non esistono fatti ma solo interpretazioni

Il prospettivismo storico - e quindi l'inevitabile coinvolgimento personale degli individui nell'interpretazione e valutazione del passato - porta alla conclusione che sia impossibile raggiungere un punto di vista sovrastorico e impersonale e quindi oggettivo. Il passato è sempre relativo e questo conduce alla rinuncia di un possibile assolutismo gnoseologico. 

Ogni grande accadimento storico ha visto l’agire umano compiere i misfatti più riprovevoli.

Dietro le quinte di quelli che potevano sembrare, agli occhi dei più, avvenimenti provvidenziali, si celavano in realtà le più subdole motivazioni, occasioni colte al volo per un interesse. Dietro le cose c’è tutt’altra cosa: non il loro segreto essenziale e senza data, ma il segreto che sono senza essenza, o che la loro essenza fu costruita pezzo per pezzo a partire da figure che le erano estranee. Il genealogista è una sorta di chirurgo che trascorre il suo tempo studiando minuziosamente i corpi, egli «deve mostrare il corpo tutto impresso di storia, e la storia che devasta il corpo» con le sue incisioni, le inversioni, gli sbalzi, gli ingteressi personali, gli  imprevisti, gli scavi e le asportazioni fatte un tempo per nascondere chissà cosa.


Manuela Barbato

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