Architettura del controllo: il Panopticon e la microfisica del potere


Progetto del Panopticon del 1791



La bio-politica inserisce la vita di ognuno in meccanismi di calcolo precisi e infallibili trasformandola secondo i valori di utilità dettati dall'economia.

Il potere disciplinare del XVII e del XVIII secolo è ormai lontanissimo dal potere nella sua concezione medievale, esso non preleva gl'individui per rinchiuderli e annientarli, per ucciderli e punirli in nome di una vecchia patria potestas esercitata dal sovrano su tutti i suoi sudditi. Il nuovo potere non mortifica, non incatena, non tortura, al contrario esso addestra, moltiplica, potenzia l'individuo che diventa sia oggetto che strumento del suo esercizio.

A partire dal XVII secolo, cambia sia il suo modo di agire che il suo obiettivo, non si parlerà più di divieto e di terrore, ma di sapere-potere, ovvero due fattori direttamente proporzionali: maggiore è il sapere intorno all’individuo maggiori saranno le capacità di gestirlo e dunque si nota come l'organizzazione architettonica degli spazi sia concepita in virtù dell'osservazione costante e scrupolosa, purché sempre dissimulata. Il potere che agisce si nasconde e colma ogni possibile interstizio, permeando le relazioni ad ogni livello.

Vi è una produzione degli individui, una produzione delle loro capacità, della loro produttività: tutto ciò è stato acquisito attraverso meccanismi di potere che contenevano dei divieti, ma questi divieti non erano altro che degli strumenti. La sostanza del disciplinamento degli individui non era negativa […] il meccanismo non era un meccanismo di divieto, ma, al contrario, di produzione, di intensificazione, di demoltiplicazione1.


Si mette in atto un obbligo alla moltiplicazione di efficacia, di forze e di attitudini in vista di una formazione, addestramento e collocazione degli individui negli apparati della società. L'impalpabile gestione dei corpi di cui parla ad esempio Michel Foucault produce il nuovo uomo dell'età contemporanea e crea la nuova classe sociale, quella operaia.

La microfisica del potere dispiega tutta la sua genialità proporzionalmente alla capacità che ha di gestire il singolo lungo tutta la durata della sua vita, mantenendo una presenza costante e discreta che non è mai oppressiva e incanalando, là dove ne ha più bisogno, il fluire incessante di una forza produttiva, riducendo al minimo gli sprechi e le spese.

Secondo l'analisi foucaultiana l'adattamento ai processi economici dei fenomeni riguardanti la popolazione ha giocato un ruolo più che fondamentale nello sviluppo del capitalismo nelle società occidentali e l'approfondimento di tematiche riguardanti l'anatomo-politica e la bio-politica ha generato tecniche di gestione presenti in tutti gli strati del corpo sociale. 

Il nuovo sapere che si è generato e consolidato intorno all'uomo come macchina e al suo dressage ha inventato modalità di rafforzamento e utilizzabiltà della forza e delle attitudini prima impensabili, garantendo allo stesso tempo gerarchizzazione e docilità dei corpi.

Così Foucault a proposito dello sviluppo del capitalismo:

[…] l'adeguarsi dell'accumulazione degli uomini a quella del capitale, l'articolazione della crescita dei gruppi umani con l'espansione delle forze produttive e la ripartizione differenziale del profitto, sono stati resi possibili in parte dall'esercizio del bio-potere, nelle sue forme e con i suoi procedimenti svariati. […] ciò che è accaduto nel XVIII secolo in certi paesi dell'Occidente, e che è stato messo insieme dallo sviluppo del capitalismo, fu nientemeno che l'ingresso della vita nella storia – voglio dire l'ingresso dei fenomeni propri alla vita della specie umana nell'ordine del sapere e del potere -, nel campo delle tecniche politiche2 .

Su di un binario parallelo viaggia un altro aspetto della gestione della popolazione non più intesa come popolo o come massa di individui, ma come insieme di persone studiate nella loro singolarità per funzionare di più e meglio all'interno della collettività. La maestria di quest'altra forma di potere consiste nella gestione di aspetti biologici come la natalità, la mortalità, le malattie, l'igiene, in cui la finalità del potere coincide con quella dell'individuo: migliorare la vita in tutti i suoi aspetti, il che porta da un lato all'incremento della produttività al livello economico e dall'altro alla felicità degli individui.

In ciò che Foucault identifica come la bio-politica gli studi e gli schemi economici sono applicati alla collettività in tutte le sue manifestazioni, in modo da ottenere statistiche e diagrammi in grado di inquadrare la situazione demografica mondiale e su cui poi applicare strategie mirate. L'uomo che diviene un soggetto-oggetto economico è parte di un processo infinito di accumulazione di saperi e di gestione della produttività, egli si trova legato inevitabilmente a tutta una serie di effetti positivi, ovvero: ciò che è proficuo per la società è anche proficuo e vantaggioso per lui. Il profitto della collettività è inscindibile dal profitto del singolo se pure a sua insaputa.

L'homo œconomicus si trova quindi situato all'interno di quello che si potrebbe chiamare doppio involontario: l'involontario degli accidenti che gli capitano e l'involontario del profitto che egli produce per gli altri senza averlo cercato 3.


In questo quadro in cui secondo Foucault, tutto, ma proprio tutto, è soggetto a controllo e studio e gestione, l'essere umano comprende per la prima volta di far parte di una specie, di avere un corpo e un'aspettativa di vita, di poter modificare la propria situazione e di essere al medesimo tempo individuo e parte di una collettività. La bio-politica inserisce la vita di ognuno in meccanismi di calcolo precisi e infallibili trasformandola secondo i valori di utilità dettati dall'economia.

carcere borbonico di Santo Stefano (esempio di panopticon)

Come si è già detto il successo di questa nuova forma di potere, discreto ed efficace, sta anche nell'adeguamento delle forme architettoniche soprattutto concernenti le istituzioni. L'occhio vigile sempre sveglio e la mano tesa che non cede mai, trovano la più alta concretizzazione spaziale nel progetto del Panopticon di Geremy Bentham, preso d'esempio in questo Lavoro, in cui il successo delle tecniche di diciplina è ottenuto dalla ripartizione degli individui in uno spazio.

Il principio è noto: alla periferia una costruzione ad anello; al centro una torre tagliata da larghe finestre che si aprono verso la faccia interna dell'anello; la costruzione periferica è divisa in celle, che occupano ciascuna tutto lo spessore della costruzione; esse hanno due finestre, una verso l'interno, corrispondente alla finestra della torre; l'altra, verso l'esterno, permette alla luce di attraversare la cella da parte a parte. Basta allora mettere un sorvgeliante nella torre centrale, ed in ogni cella rinchiudere un pazzo, un ammalato, un condannato, un operaio o uno scolaro. Per effetto del controluce, si possono cogliere dalla torre, stagliantisi esattamente, le piccole silouettes prigioniere nelle celle della periferia. Tante gabbie, altrettanti piccoli teatri, in cui ogni attore è solo, perfettamente individualizzato e costantemente visibile. Il dispositivo panoptico predispone unità spaziali che permettono di vedere senza interruzione e di riconoscere immediatamente 5.


La pianta dell'edificio di Betham racchiude tra le sue mura la mentalità di un'epoca, garantisce il successo di un piano di proliferazione dei controlli e per questo riecheggerà a lungo nei successivi progetti di architettura penitenziaria. Lo scopo prefisso è magistralmente raggiunto: il detenuto, lo scolaro, il malato, il soldato sono consapevoli della loro incessante visibilità pur non avendone effettiva prova, il che rende il meccanismo oltremodo perfetto, in quanto, se il sorvegliato vedesse direttamente il sorvegliante, saprebbe pure quando approfittare di un momento di distrazione di quest'ultimo e invece le fattanze della torre di controllo fanno sì che il potere sia visibile ma inverificabile.

L'alta torre da cui è spiato il detenuto si erge al centro del complesso visibile sempre e imponente, ma il sorvegliante non può essere scorto dalle celle di detenzione grazie a tutta una serie di sovrastrutture dissimulatrici, come le persiane alle finestre della sala centrale della torre di controllo, e le porte scorrevoli che evitano i rumori al passaggio del guardiano da un ambiente all'altro. La concatenazione ovvia del vedere ed essere visti è, con questa nuova edilizia, dissociata in quanto nell'organzzazione spaziale dei centri disciplinari si vede tutto senza mai essere visti.

carcere borbonico di Avellino (esempio di panopticon)

L'edificio proposto da Jeremy Bentham ha vantato un discreto successo in Europa sia in campo medico che penitenziario, ancora oggi infatti è possibile rintracciare alcuni dei luoghi che hanno visto la costruzione di strutture a pianta circolare ispirate al modello panottico. Si pensi al cacere situato sull'isola di Santo Stefano risalente al 1795 voluto da Ferdinando IV di Borbone o all'ex ospedale psichiatrico S. Niccolò a Siena.













1

Sei to Kenryoku (conf. all’Università di Tokyo, 20 aprile 1978), in Gendai-shisô, luglio 1978, pp.58-77.

2

M. Foucault, La volontà di sapere, cit. p. 125.

3

M. Foucault, Nascita della biopolitica. Corso al Collège de France (1978-1979), Feltrinelli, Milano 2004, p. 227.

4

M. Foucault, La volontà di sapere, cit. p. 129.

5

Ivi, p. 218.

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