Dinamiche e modalità per una poetica del corpo.
La relazione nella Contact Improvisation: dinamiche e modalità per una poetica del corpo
Relazione a cura di Aurosa Alison presentata nella conferenza Filosofia e Danza
01 aprile 2016 | Casina Pompeiana | Napoli
evento a cura di Manuela Barbato
« Le corps humain comporte des pairs, des pairs d’organes : les yeux, les bras, les jambes, les oreilles, les mains -autrement dit- Le corps lui même nous impose l’image d’une unité naturelle du deux ». « Le deux est un »1. «Il corpo umano comporta delle paia, paia di organi: gli occhi, le braccia, le gambe, le mani, in altre parole, il corpo stesso ci impone l’immagine dell’unità naturale del due». «Il due è uno». Nel suo celebre ciclo di lezioni del 1977 tenute al Collège de France, dal titolo: « Comment vivre ensemble », Roland Barthes introduce l’aspetto fondamentale della relazione, quello duale, partendo dai presupposti anatomici dell’essere umano. Il mettersi in relazione implica la condivisione della propria realtà e ciò accade nel momento in cui l’uno, non solo diventa due ma provoca un rimando a un’unità naturale e dunque costitutiva. Ciò significa che è nella natura e nell’aspetto istintivo dell’uomo creare la relazione con l’altro.
La pratica della Contact improvisation è caratterizzata dal rapporto a due, dal peso e dalla fiducia del prossimo. Tale fiducia è caratterizzata dalla tecnica dell’abbandono sull’altro. In questo modo, l’unità consolidata dalla reciprocità e dalla fiducia che esprime la Contact rimanda all’aspetto unitario e fondamentale del concetto duale. Questa tecnica, nata negli anni settanta e ideata dal ballerino e coreografo Steve Paxton consacra il movimento libero ed è sempre più in auge soprattutto nei luoghi non forzatamente adibiti al ballo.In un’intervista rilasciata a Bebbe Sebaste2, Paxton spiega come lo spazio sia in sintonia con il corpo rispetto a due caratteri principali: L’unicità e il ritmo.
«Oggi mi sembra che l'oppressione sia individuale, all'interno di ogni individuo. È da me che dipende il fatto di essere libero, essere libero là dove sono. Lo scopo è dare al corpo una chance, essere sfidato dalla situazione del movimento. Da una parte c'è il lasciar fare, dall'altra la determinazione. È un paradosso». Continua Paxton sulla questione della libertà individuale e sulla fiducia che si può nutrire nell’altro: «Non può esserci una cultura senza un'unità degli individui, è questo il nodo di una cultura. E tuttavia non può esserci individuo senza libertà dalla cultura. Così abbiamo un paradosso e viviamo sempre in una situazione paradossale».
« È importante considerare quello che sia successo alla gente e che cosa fosse il corpo, un tempo, e cosa è adesso. Mi sembra che il corpo si sia evoluto dal tempo in cui si doveva cacciare per avere cibo, proteggersi facendo uso del paesaggio» «Adesso non stiamo più in ascolto di lievi rumori o di qualcosa che si muove nell'erba o nella foresta, udiamo grandi suoni chiari, di traffico, di gente che cammina, non ha nemmeno grande importanza che sia l'uno o l'altro, di gente che parla, noi adesso stiamo parlando e usiamo le orecchie soltanto per comunicare, non circolarmente per la sopravvivenza o la sicurezza» «Il corpo è stato anch'esso urbanizzato, e qui ci muoviamo o camminiamo su superfici lisce, oppure su e giù per le scale, e nemmeno quello, prendiamo scale mobili e ascensori, e tutti i sensi sono diventati così pigri, tutto il corpo. Nelle città non abbiamo più bisogno di prestare attenzione a queste cose. Così, quello che penso sia vero per ogni classe di educazione fisica, è che ci risveglia di nuovo al corpo».
Abbiamo visto che unità e individualità convergono nell’ambito del corpo, che secondo Steve Paxton, deve essere rieducato, nell’assecondare le proprie energie, a un proprio ritmo naturale. Volendo approfondire l’argomento, potremmo dire che il concetto nella Contact di un’unicità che si esprime nell’aspetto duale si avvale di due coordinate principali che durante le performances s’intrecciano:
Lo Spazio che si crea nella reciprocità. Lo spazio della Contact non è contraddistinto dall’essere luogo, esso si costruisce rispetto all’altro. Non sarà un unico corpo a fare spazio ma sempre due che rappresentano un’unità.
Il Tempo scandito dal ritmo e viceversa. Il flusso ondulatorio dei corpi compone di conseguenza un tempo interiore che si manifesta durante la rappresentazione. Il corpo dev’essere rieducato a riappropriarsi del proprio ritmo naturale.
A tal proposito vorremmo illustrare:
I principi fondamentali su cui si regge il rapporto fra l’uomo e lo spazio utilizzando come riferimento una celebre conferenza di Martin Heidegger del 3 ottobre 1964 tenutasi nella Galleria “im Erker” durante il vernissage dello scultore berlinese Bernhard Heiliger.
Gli aspetti e le conseguenze dei ritmi scaturiti dallo spazio e dal tempo e denotati da ciò che Gaston Bachelard ha sviluppato dall’idea di Lucio Alberto Pinheiro, con il nome di rythmanalyse - ritmo-analisi.
L’uomo, il corpo & lo spazio.
Durante il vernissage delle opere dello scultore berlinese Bernhard Heiliger, il 3 ottobre 1964, Martin Heidegger inaugura la mostra con una conferenza nella Galleria “im Erker”, intitolata :Corpo e Spazio - Osservazioni su arte - scultura - spazio3. Il rapporto fra la materia e l’uomo prescinde dal rapporto che intercorre fra l’individuo e lo spazio. Lo scultore, così come l’artista, per raggiungere una dimestichezza con la forma plastica deve raggiungere uno stato di coscienza dello spazio che occupa e che vive. Vale a dire che nell’arte, la manipolazione della materia corrisponde a una consapevolezza della preesistenza del corpo nello spazio. Il corpo, l’individuo, l’uomo occupa attraverso la propria esistenza uno spazio. Heidegger analizza a fondo la questione, partendo dal concetto primario di cosa sia lo spazio nella storia della filosofia occidentale.
La prima trattazione tematica dello spazio la troviamo nel libro IV della Fisica di Aristotele. Aristotele introduce il concetto di physis che tradotto in italiano corrisponde al sostantivo di natura e descrive il concetto di luogo. Il fatto che Aristotele tratti la questione dello spazio nella Fisica, secondo Heidegger, rimane decisivo per la rappresentazione dello spazio nel pensare e nel raffigurare l’Occidente. Nella descrizione del concetto di luogo, Aristotele descrive lo spazio con due termini diversi: τόπος e χώρᾳ.
τόπος: è lo spazio che un corpo ottiene e occupa immediatamente. Questo spazio, prende forma solo grazie al corpo/ σομα. Il τόπος ha gli stessi limiti del corpo. Per i greci il limite non è ciò in cui qualcosa termina o finisce ma ciò da cui comincia a partire qualcosa, il limite è ciò grazie al quale qualcosa ha il suo compimento. Nel concetto di τόπος, è centrale la questione del corpo in quanto fattore principale dello spazio. Lo spazio, il τόπος, occupato da un corpo è il suo luogo. Essi sono imprenscindibili l’uno dall’altro.
χώρᾳ: indica lo spazio in quanto può accogliere ed avvolgere. In senso greco lo spazio viene considerato a partire dal corpo, come suo luogo e come contenitore di luoghi. Ogni corpo, però, ha il suo proprio luogo a esso conforme. L’illustrazione delle prime descrizioni dello spazio possono aiutarci a capire come il senso del raccoglimento sia un concetto che è alla base di una concezione spaziale. Esso comprende i fondamenti della percezione di ciò che ci compone e nello stesso tempo di ciò che ci avvolge.
Nella Fisica moderna a partire da Galileo e da Newton lo spazio perde la caratterizzazione dei luoghi e delle direzioni in esso possibili. Diventa un campo scientifico uniforme. Un’estensione tridimensionale grazie al quale calcolare le varie traiettorie dei punti-massa che non hanno alcun luogo caratterizzato, bensì possono trovarsi in qualsiasi punto dello spazio. E’ chiaro che in un’analisi prettamente scientifica il concetto di spazio si focalizzi in un ambito di ricerca oggettiva della realtà dove tutto ciò che accade corrisponde a ciò che deve essere dimostrabile scientificamente.
Nella parte sull’Estetica Trascendentale della Critica della Ragion Pura, Kant interpreta la nozione di spazio di nuovo a partire dai corpi fisici. Lo spazio è il modo in cui l’uomo, inteso come soggetto, si rappresenta apriori gli oggetti da cui è colpito. L’uomo dunque, non dipende dallo spazio ma viene prima di esso. In questo modo “Lo spazio diventa una pura forma dell’intuire che anticipa ogni rappresentazione di oggetti sensibilmente dati. Lo spazio non esiste in sé, è una forma soggettiva dell’intuire della soggettività umana4”.
Malgrado tutte le differenze fra il pensiero antico e quello moderno lo spazio è rappresentato nello stesso modo e cioè a partire dal corpo. Sarebbe a dire che lo spazio è l’estensione, extensio, del corpo nella tridimensionalità. Rispetto a quest’ultima riflessione, Heidegger pone l’accento su cosa sia lo spazio in sé. “Ma cos’è dunque lo spazio - in ciò che gli è proprio? Cosa dà allo spazio la possibilità d’essere un qualcosa che riceve, avvolge e trattiene? Su cosa si fonda ciò che Aristotele determina come τόπος e χώρᾳ, e l’età moderna come extensio e spatium e la fisica moderna come campo di forza? Cos’è, dunque lo spazio in quanto spazio, senza ricorrere ai corpi?5”.
Secondo Heidegger lo spazio fa spazio. L’espressione fare spazio significa rendere liberi, liberare cioè un che di libero. In questo modo lo spazio accorda, grazie a rendere liberi, lo spazio accorda contrade di vicinanze e di lontananze, di direzioni e limiti.
L’uomo nello spazio non è considerato unicamente corpo, ma essendo lo spazio un fenomeno o un evento all’interno del quale accade qualcosa, in questo caso, l’uomo ne dispone. “L’uomo non è un corpo, bensì vive il suo corpo-vivente6”.
L’uomo nell’essere nello spazio, nel soggiornarvi entra in relazione al prossimo e alle cose. “L’uomo vive, vivendo-come-corpo è così ammesso nell’aperto dello spazio e grazie a questo essere-ammesso, soggiorna già in anticipo in una relazione con il prossimo e con le cose7 .
L’essere nel mondo, l’In-der-Welt-sein, non delimita l’uomo alla superficie del suo corpo. L’uomo nel mondo si affida allo spazio che lo circonda tramite il concetto ontologico dell’essere. In questo modo, il concetto di essere nel mondo è un fenomeno che riguarda il corpo vivente, ovvero l’uomo.
“Una testa non è un corpo dotato di occhi e orecchie, bensì è un fenomeno del corpo-vivente, contrassegnato dall’essere-nel-mondo che guarda e ascolta8”. In questo modo il rapporto fra l’uomo e lo spazio si delinea più specificatamente nella presenza dell’uomo nello spazio. L’essere nello spazio, denota un evento, un fenomeno che è autonomo dal rapporto corpo-spazio, ma che esprime a pieno il senso dello spazio stesso.
L’uomo nell’essere presente nello spazio ne dispone. Lo spazio è spazio in quanto fa lo spazio, l’uomo non fa lo spazio e nemmeno lo spazio è un modo soggettivo attraverso il quale l’uomo lo percepisce. “Lo spazio per fare spazio necessita dell’uomo9”.
Se lo spazio per fare lo spazio necessita dell’uomo , significa che l’essere per, significa che nel disporre dello spazio e facendo sì che lo spazio sia tale, crea un evento. In questo caso l’evento dell’attuarsi dello spazio prevede l’apporto dell’essere umano in quanto fautore di un fenomeno che avviene.
La concezione di spazio in Heidegger è chiaramente legata a un contesto fenomenologico in quanto l’attuarsi dello spazio non dipende materialmente dall’uomo o viceversa ma da un punto di vista in divenire. Nel fare spazio e disponendo dello spazio, l’uomo crea la relazione con se stesso e con ciò che lo circonda. Lo spazio in Heidegger è puramente un fenomeno all’interno del quale l’uomo-vivente assume un ruolo fondamentale come soggetto e non come corpo da contenere ne corrisponde a un’intuizione soggettiva. Lo spazio rimane spazio in quante tale e in esso l’uomo dispone del proprio essere e della propria esistenza.
Il termine ritmo-analisi nasce nel 1931 grazie a Lucio Pinheiro dos Santos, professore di filosofia à l’università di Porto, in Brasile e alla pubblicazione di un testo dedicato all’analisi psicologica delle dimensioni ritmiche10. Il testo A Rytmànalise introduce il concetto dei ritmi della città che influenzano i ritmi biologici, materiali e umani dell’individuo. La ritmo-analisi aiuta a comprendere come reintrodurre un tempo interiore liberandosi di una durata imposta dai dettami ritmici della città. La lungimiranza di dos Santos affascina Gaston Bachelard che nel 1950 argomenta e sviluppa le questioni della ritmo-analisi nella Dialectique de la durée.
«E’ nelle ore felici e troppo rare che ritroviamo i ritmi naturali, più semplici, più tranquilli. Dalle sessioni di ritmo-analisi si esce rinfrancati. Il nostro riposo si spiritualizza, si poetizza, vivendo delle diversità temporali ben regolate »… «Abbiamo dedicato un’ultima parte del nostro testo a una sintesi delle tesi più caratterizzanti dell’opera di Pinheiro dos Santos, focalizzandole leggermente sul senso di una filosofia idealista dove il ritmo delle idee e dei canti comandano poco alla volta il ritmo delle cose11».
La realtà ha un ritmo, così come il nostro corpo e il nostro spazio. Dos Santos divide l’argomento in tre aspetti principali:
L’aspetto materiale,
L’aspetto biologico,
L’aspetto psicologico.
L’aspetto materiale ad esempio prende in considerazione la materia fisica che si trasforma sotto forma di onde oscillatorie. Nella fisica contemporanea se il corpuscolo smettesse di vibrare, non esisterebbe più «Si può affermare che l’energia vibratoria è l’energia dell’esistenza12». Il principio materiale della ritmo-analisi dà una prima luce sulla questione di un’interiorizzazione del ritmo naturale.
Un secondo aspetto è quello biologico, sottolineato da Bachelard nell’esempio del rimedio omeopatico. Il ritmo è terapeutico nell’assunzione di alcuni farmaci. La dose omeopatica in questo caso propaga un ritmo, come la diluzione della materia. «Adotteremo come principio fondamentale la necessità di sostenere i ritmi utili e normali e di aiutare i ritmi personali e i ritmi imposti dalla natura. Non dovremo mai perdere di vista che tutti gli scambi sono dettati dai ritmi. La ritmo-analisi biologica dovrà codificare tutti questi ritmi e dargli una totalità organica e sostanziale attraverso un senso sinfonico13». Il ritmo biologico è un ritmo interiore che favorisce l’armonia di tutte le cose. Il senso sinfonico della ritmo-analisi è proprio di un lasciarsi andare al naturale senso della realtà.
Il terzo punto che ci ricollega all’introduzione di Paxton è quello psicanalitico. Secondo dos Santos, l’uomo può soffrire di una schiavitù dettata dai ritmi incoscienti e confusi che mancano di struttura vibratoria. In questo modo è necessario che l’individuo si svegli da un torpore e che si lasci andare a un’evoluzione creatrice. L’equilibrio ritmico deve avere sull’uomo un effetto catartico proprio a risvegliare una propria capacità oscillatoria.
Dopo aver focalizzato i tre punti principali della teoria di dos Santos, Bachelard s’impegna a illustrare gli esempi di una polarità essenziale della vita spirituale che costituisce la base della ritmo-analisi. La respirazione e le stagioni possono fungere da esempi esaurienti di come la ritmicità comprenda la nostra realtà, i nostri corpi e il nostro spazio.
«Imparare a respirare ritmicamente, in un modo misurato, da ciascuna delle narici, in maniera alternata, concentrando lo spirito sulla corrente nervosa e sul centro. Aggiungere qualche parola al ritmo respiratorio, per scandirlo meglio, marcare e dirigere14».
«Avremo sempre più spesso la conferma, analizzando poco alla volta la ritmo-analisi, come i ritmi marchino la vita umana.. Il calendario dei frutti di stagione è il calendario della ritmo-analisi15».
La ritmo-analisi confida nei ritmi naturali, essa si basa sulla salvaguardia del proprio tempo interiore e così anche dello spazio. La vita è costituita da grandi movimenti ritmici volti a preservare il proprio benessere.
Gaston Bachelard nell’illustrare i principi fondamentali della ritmo-analisi, fa un’ultima riflessione sulla questione del pensiero ritmato dal quale si elude quello scientifico. In effetti, il pensiero ritmato per eccellenza è quello poetico, ovvero quello libero da ogni tipo di schema conscio e razionale. «La poesia, una volta liberata dagli esercizi abituali, ridiventa un modello di vita e di pensiero ritmati. Essa è il modo più adatto a ritmanalizzare la vita spirituale, a ridare allo spirito la facoltà delle dialettiche della durata16 ».
Conclusioni
Steve Paxton nell’introdurre la tecnica della Contact improvisation non ha ideato esclusivamente una pratica della danza contemporanea. Ha fatto sì che la condivisione dello spazio e dei ritmi converga nell’ambito della relazione. Un’opportunità che rende l’uomo libero dalle proprie chiusure e impostazioni legate ai ritmi frenetici dell’epoca contemporanea. La condivisione, abbiamo visto, è una caratteristica insita nella nostra concezione di spazio, le condizioni del τόπος e del σομα, affrontate da Heidegger, sono i presupposti per permettere al corpo e allo spazio di entrare in relazione con noi stessi e con gli altri. E’ fondamentale tenere conto dell’altro da sè come veicolo di liberazione. Nella Contact improvisation le coordinate dello spazio e del tempo si fondono creando uno spazio-tempo interiore che ne asseconda il ritmo naturale. La ritmo-analisi conferma l’aspetto proficuo e speculatore di questa pratica fino a creare un linguaggio del movimento. Riprendendo le parole di Bachelard dire che se la poesia è una poetica del pensiero allora la Contact sarà la poetica del corpo.
1 Roland Barthes, Comment vivre ensemble, Séminaire au Collège de France, 1977.
2 Beppe Sebaste, Porte senza porta rewind, Feltrinelli, 1997, pp. 62-66.
3 Martin Heidegger, Bemerkungen zu Kunst - Plastik - Raum, Erker Verlag, 1966, tr. it. Francesca Bolino, Il Nuovo Melangolo 2000.
4 Martin Heidegger, Corpo e Spazio - Osservazioni su arte - scultura - spazio, pag.29
5 Ivi, pag. 31.
6 Ibidem pag. 33
7 Martin Heidegger, Corpo e Spazio - Osservazioni su arte - scultura - spazio, pag. 35
8 Ibidem.
9 Ibidem.
10 Lucio Alberto Pinheiro dos Santos, A Rytmanàlise, Società della Psicologia e della Filosofia, Rio de Janeiro, 1931.
11 Gaston Bachelard, La Dialectique de la durée, Puf, 1950, Paris, pp.10-11.
12 Ivi, pag. 131.
13 Gaston Bachelard, La Dialectique de la durée, Puf, 1950, Paris, pp. 136-137.
14 Ivi, p.146.
15 Ivi, pag.147.
16 Gaston Bachelard, La Dialectique de la durée, Puf, 1950, Paris, p. 150.