La forza e la vulnerabilità. La danza

La danza mi ha insegnato il senso del dovere e la naturale tendenza a rimandare ad un secondo momento ciò che è divertimento e gioco. Non che questo debba significare vivere nel sacrificio costante, no, ma chi è nato e cresciuto nella danza come me è stato forgiato ad una spontanea inclinazione alla responsabilità.

Non si è seduti dietro i banchi ad ascoltare discorsi, non si è nelle panche a subire sermoni, non si è in salotto ad affrontare la ramanzina. Si è in sala in silenzio, gli occhi curiosi vedono tutto, le orecchie attente ascoltano e registrano, il corpo sente e prova, giorno dopo giorno a riprodurre sempre meglio ciò che, con l'esempio e con poche parole, gli viene insegnato.

Purtroppo niente gite, né feste, né pomeriggi di assoluto relax, né spiaggia né sole almeno fino a luglio inoltrato. Dopo scuola un boccone di fretta e via a piedi a lezione dove incontri le amiche di sempre, dove hai il tuo posto alla sbarra, il tuo posto al centro, il tuo turno per le diagonali.

Sei piccola e senti già un drago dentro che ti dice che spaccherai il mondo, sei ragazzina e insegui il tuo sogno senza distrazioni né sconforto, diventi donna e ti accorgi di aver chiuso il mondo fuori negli anni in cui tutti gli altri non facevano che divertirsi.

La maestra, la mia maestra, i suoi piedi parlanti, i polpacci alti, la schiena dritta, le mani pungenti e pizzicanti, la sigaretta fumante, la voce esigente e arrabbiata, ma lo sguardo soddisfatto e affettuoso. Chopin era ovunque, anche adesso mi sembra di sentirlo che accompagna i plié e gli adagi.

La danza è il mio modo di affrontare la vita: una solitudine ricca di fugaci condivisioni, un silenzio pacifico che affronta le tempeste, una forza animale che tiene sempre testa alla vulnerabilità.

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