Emio Greco: "Addio alla fine"...addio all'uomo


La fine è già passata per Emio Greco e Pieter C. Scholten nell'ultimo lavoro che li vede in scena per il Napoli Teatro Festival Italia "Addio alla fine". Una coproduzione ICKamesterdam e Nederlandse Dansdagen che arriva al Museo Ferroviario di Pietrarsa sfruttando luoghi e cornici surreali, ambienti immensi e scenari in grado di risucchiare il pubblico in una dimensione angosciante, ma anche liberatoria.
La coreografia parla di verità, di presa di coscienza, dell'impossibilità di fare un'inversione di marcia: gli uomini, così come siamo abituati ad intenderli, si stanno estinguendo e non resta che salvare gli ultimi esemplari. Il tentativo però sembra fallire e alla fine ne resta uno solo, l'ultimo, colui che consapevole di un destino solitario non può che prenderne atto e cominciare ad accogliere "generosamente" tutto ciò che il mondo gli offre. Niente più egoismi, niente più chiusure, ma una totale apertura verso uno spazio ormai vuoto in cui ricominciare a costruire in totale libertà la propria dimensione umana spontanea e genuina.

I luoghi in cui il lavoro si svolge rendono perfettamente l'idea del viaggio e il pubblico, seduto lungo un corridoio di circa 30 m in cui si sviluppa una passerella su cui danzano i superstiti, non può che sentirsi passeggero di una nave che salpando verso l'ignoto resta l'unico mezzo per la salvezza. Neanche per un attimo ho dimenticato di essere su quella nave anche io, neanche per un attimo sono uscita fuori da ciò che il coreografo ha creato, neanche per un attimo ho giudicato. Ho piuttosto viaggiato con loro e ho risposto all'appello fatto al principio dalla voce narrante: "Salite sulla nave e salvatevi". Mi sono commossa con il crescendo coreografico e musicale, ho visto nei danzatori la smania di chi deve salvarsi la pelle a tutti i costi. Uomini di tanto in tanto isolati, ma anche disposti al mutuo soccorso, uomini diventati pazzi dalla paura di morire e pure saggi di fronte all'ultima occasione.

Gli infiniti registri stilistici utilizzati e i cambiamenti ritmici, improvvisi e sorprendenti, hanno saputo tenere la mia attenzione sempre vigile e la passionalità degli interpreti, la forza del coreografo che si è unito a loro nella danza e la voce che ad ogni momento mi accompagnava nell'ultimo viaggio mi hanno messa occhi negli occhi con la verità: siamo ancora uomini? Siamo ancora in sintonia con la nostra natura? Un'inversione di rotta è ancora possibile?
Io salgo su quella nave e provo a cercare la parte più genuina di me.
Grazie a chi come Emio Greco utilizza la danza per comunicare e smuovere le coscienze sonnacchiose. La danza non deve essere bellezza e armonia, ma verità e coraggio.


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